Leonardo Apollonio
Le AI Possono Produrre Arte? - Essere Coscienti del Pensiero [Addendum]
Abstract
Come visto nel precedente articolo (vd. Le AI Possono Produrre Arte?) per creare arte bisogna essere coscienti, in quanto bisogna essere coscienti anche di cosa si sta facendo. Ma cosa si sta facendo? Nel creare arte si manda un messaggio e dunque ci si esprime. Per esprimersi รจ necessario pensare; ma come si รจ coscienti di pensare? Questo articolo risponde esattamente a questo quesito indagando il pensiero come un fenomeno empirico e distinguendo il processo del "pensare" dal suo contenuto "il pensiero".
Essere coscienti di pensare: una fenomenologia del pensiero come fenomeno empirico
Se, dunque, per creare arte bisogna essere coscienti di ciรฒ che si sta facendo, bisogna essere coscienti di star pensando (i.e., se sono cosciente di star creando arte e per creare arte devo pensare ne consegue che io devo essere cosciente di star pensando. La domanda che segue perรฒ รจ: [1] io sono cosciente di star pensando? Eโ ovvio che questo presupposto [1] sia corretto, altrimenti non sarebbe possibile la creazione dellโarte; inoltre [1] รจ vero anche come dato empirico direttamente evidente alla mente (i.e., quando penso io so che penso, non vโรจ un processo di analisi che lโIo deve fare per comprendere di star pensando, รจ semplicemente cosciente di starlo facendo; e.g. io ora sono cosciente di star riflettendo โ dunque pensando - su [1] pur non avendo fatto analisi di alcun tipo su questo mio stato di coscienza.). Se, tuttavia, [1] รจ immediatamente vero alla mente, non ne consegue necessariamente che sia vero un presupposto [2], ovvero: io sono cosciente di [1] attraverso unโempirica esperienza di un fenomeno, inteso come manifestazione materialmente concreta e immanente (i.e; non qualcosa di astratto). Perchรฉ [2] sia vero รจ necessario che sia un fenomeno e che quindi vi sia una fenomenologia del pensiero. Svilupperรฒ a partire da ora dunque la tesi [T1]:
[T1]: Il pensiero รจ un fenomeno che possiede dunque una sua fenomenologia indagabile e comprensibile.
Ora molti potrebbero essere suscettibili al riguardo, considerando la fondamentale caratteristica del pensiero, ovvero il suo essere astratto e in-concreto. Tuttavia, come riporta il libro Cognitive Phenomenology a cura di Tim Bayne e Michelle Montegue in uno sei suoi capitoli (i.e., Is There a Phenomenology of Thought?) (Bayne et al., 2011), esistono numerose teorie che indagano [T1], e non solo la indagano, ma la supportano. Horgan e Tienson (Horgan & Tienson, 2002) sono tra questi e nella loro dissertazione fanno una delle distinzioni piรน importanti tra le caratteristiche del fenomeno pensiero (cui ora si farร riferimento con [P]). Difatti i due sostengono che [P] non sia sempre lo stesso, ma che bensรฌ [P] sia un contenitore generico di un contenuto particolare[1], questa opinione รจ condivisa in un articolo del 2004 dal titolo โThe Phenomenology of Cognition Or What Is It Like to Think That P?โ (Pitt David, 2004). Se dunque ciรฒ รจ vero si potrebbe dire che [P] contenga un contenuto [p]. Da qui si comprende come [T1] comprenda unโaltra sotto-tesi [t1] che sostiene che [P] contenga sempre [p]. [t1] viene in effetti accettata da Pitt nel suo articolo:
Originale โI shall argue that what it is like consciously to think a particular thought is (1) different from what it is like to be in any other sort of conscious mental state (i.e., proprietary) and (2) different from what it is like consciously to think any other thought (i.e., distinctive). That is, any conscious token of a thought-type T has a unique phenomenology different from that of any other sort of conscious mental state, and different from that of any other conscious thought.โ (Pitt David, 2004)
Traduzione "Sosterrรฒ che ciรฒ che si prova a pensare consapevolmente un particolare pensiero รจ (1) diverso da ciรฒ che si prova a essere in qualsiasi altro tipo di stato mentale consapevole (cioรจ, proprietario) e (2) diverso da ciรฒ che si prova a pensare consapevolmente qualsiasi altro pensiero (cioรจ, distintivo). In altre parole, qualsiasi token cosciente di un tipo di pensiero T ha una fenomenologia unica, diversa da quella di qualsiasi altro tipo di stato mentale cosciente e diversa da quella di qualsiasi altro pensiero cosciente" (Pitt David, 2004)
Dunque Pitt sostiene che, avendo sempre [p] diverso, ogni [P] รจ in fenomeno unico indagabile univocamente nella sua unicitร . Tuttavia io credo sia piรน opportuno non sostenere lโunicitร di [P] quanto la sua universalitร di contenitore. Cosรฌ e solo in questo modo [P] puรฒ, essendo universale, contenere in sรฉ un n numero di [p]. Ciรฒ cosa vuol dire? Che se [P] รจ universale allora gli permette di contenere qualsiasi [p] che sia possibile pensare, mentre, se fosse unico ciรฒ vorrebbe dire che dato uno e un solo [P] sarebbe dato un n numero limitato di [p] che puรฒ esservi contenuto. Cosรฌ, postulando lโuniversalitร di [P] (postulato a cui si farร riferimento tramite [3]) se ne postula anche la sua unicitร (i.e., non nel senso di differente da tutti gli altri [P], bensรฌ come unico esistente). Si vede come dunque con lโesistenza di un unico fenomeno [P], se assume si assume [3], sia possibile al contempo lโesistenza di infiniti [p] senza alcun vincolo che filtrino lโessere contenuti o meno.
Dunque il prospetto delle tesi รจ di nuovo modificato:
[T1]: Il pensiero [P] รจ un fenomeno che possiede una sua fenomenologia indagabile e comprensibile.
[t1]: Dato [P] รจ sempre dato anche un contenuto [p].
[t2]: Ogni [p] รจ unico e diverso da ogni altro [p].
[t3]: Dato [P] รจ dato anche un n numero di [p] ciascuno contenibile in [P] in egual modo.
Tuttavia perchรฉ queste tesi siano vere devono essere anche veri i tre assunti sopra citati, che, per comoditร , saranno riassunti qui sotto:
[1]: Lโindividuo รจ cosciente di star pensando.
[2]: Lโindividuo รจ cosciente di [1] attraverso unโempirica esperienza di un fenomeno, inteso come manifestazione materialmente concreta e immanente (i.e; non qualcosa di astratto).
[3]: [P] non puรฒ che essere universale e unico.
Se dunque questi assunti sono accettati, allora le tesi sono, perlomeno logicamente possibili. Tuttavia una tesi per essere vera deve essere anche attinente alla realtร , altrimenti si รจ solo creato un sistema filosofico che รจ solo un esempio tanto di coerenza quanto di futilitร .
Difatti, per far sรฌ che esso sia attinente alla realtร , la definizione di [P] deve essere chiarificata cosicchรฉ possano essere accettati i presupposti [2] e [3][2]. Se infatti si prende la definizione di [P] (i.e., โThinkโ) che il dizionario Cambridge offre, si comprende subito come la definizione di โfenomenoโ sia restrittiva. Difatti la definizione รจ questa:
Originale โTo have or to form an opinion or idea about somethingโ(Cambridge Dictionary, 2009)
Traduzione "Avere o formarsi un'opinione o un'idea su qualcosa" (Cambridge Dictionary, 2009)
Giร in questa definizione si scorge unโimportante caratteristica del fenomeno [P], ovvero che esso non รจ un oggetto, bensรฌ un processo. [P] non รจ un qualcosa di statico che si possiede o meno, ma piรน che altro รจ un processo, uno stato in cui lโindividuo รจ; uno stato di sintetizzazione. Si potrebbe allora dire, facendo riferimento ai due stati di [P] cui ci riporta la definizione del Cambridge si potrebbe analizzare esso sotto due luci differenti, ciascuna per ciascuno stato:
[P1]: Il processo di formazione e sintetizzazione di [p] (i.e., unโidea, un concetto, unโopinione, ecc.)[3]
[P2]: Lo stato di possedimento di [p] (i.e., unโidea, unโimmagine, una constatazione, ecc.) ottenuti esternamente e non creati. [4]
Si potrebbero separare dunque questi due tipi di [P] e analizzarli come un unico processo se li si analizza come se fossero in consequenzialitร : prima avviene [P1] e successivamente [P2], in quanto [p] di [P1] รจ il medesimo di [P2]. Ecco quindi che a [T1] si affianca una nuova tesi [T2]:
[T2]: [P] รจ un processo fatto di una consequenzialitร di due processi/stati: [P1] e [P2].
[th1][5]: [P1] e [P2] condividono il medesimo [p].
Per far sรฌ dunque di comprendere [P] al meglio bisogna che si analizzino i due processi in modo consequenziale. Dunque analizzerรฒ prima [P1] e successivamente [P2].
Ora che siamo arrivati a comprendere che [P1] รจ un processo bisogna, considerato lโinsidioso terreno su cui ci stiamo muovendo (ovvero la fenomenologia di un atto profondamente radicato nel conscio tanto quanto nellโinconscio dellโuomo e tanto quotidiano che รจ un riflesso simultaneo). Tuttavia, prima di addentrarci in ulteriori analisi รจ necessario che si faccia una precisazione. Difatti lโessere conscio di questo processo, ovvero di [P] non รจ sinonimo, nรฉ implica, lโavere il potere di agire sul processo stesso. Invero, sebbene possiamo controllare [p] cambiandolo a piacimento in qualsiasi stato di [P], non possiamo certo controllare [P] (i.e., smettere di pensare). Avere coscienza di un fenomeno, non vuol dire averne il controllo, ma solo avere una consapevolezza della sua natura.
N.B.: Io, va precisato, non sto di certo sostenendo che chiunque pensi sia cosciente di tutto ciรฒ che sto dicendo, altrimenti questo paragrafo sarebbe un esercizio di vana utilitร . Sto solo sostenendo che per essere consci di [P] esso debba essere un fenomeno (vd. supra: [2]) e, dunque, perchรฉ sia dato [P] deve esserne data una sua fenomenologia.
Come si รจ detto sopra, [P1], essendo un fenomeno estremamente complesso, รจ possibile che si divida ulteriormente. Infatti Arthur Lewis e David Smith in un loro articolo su Theory Into Practice (una rivista riconosciuta a livello nazionale, sottoposta a revisione paritaria) distinguono due tipi di [P1] (Lewis & Smith, 1993), tesi che prende le proprie fondamenta da un articolo del โ33 di Maier (Maier, 1933), ovvero quello che loro chiamano High Order Thinking (traducibile in โPensiero di alto livelloโ) e quello che invece chiamano Lower Order Thinking (traducibile in โPensiero di basso livelloโ). In questo articolo il primo accenno ad una differenza di ragionamento viene introdotto con il concetto di โreasoningโ che i due autori, sulla scia di Maier, ritengono essere lโaffrontare un problema avendo delle esperienze passate separate fra loro che perciรฒ non forniscono uno schema allโindividuo, in questo modo questโultimo รจ costretto inevitabilmente a dover sviluppare un nuovo schema:
Originale โFor example, assume a child knows the formula for the area of a rectangle but does not know how to compute the area of a parallelogram. If the child can see how to ยซconvertยป a parallelogram to a rectangle of the same area and thus ยซdiscoverยป the formula for the area of a parallelogram, then he or she will have been involved in what Maier calls reasoning. ยซIn order for the term reasoning to have any value, it should designate a process which is not only qualitatively different from learning, but a process of a higher orderยปโ(Lewis & Smith, 1993)
Traduzione "Per esempio, supponiamo che un bambino conosca la formula dell'area di un rettangolo ma non sappia come calcolare l'area di un parallelogramma. Se il bambino riesce a vedere come "convertire" un parallelogramma in un rettangolo della stessa area e quindi a "scoprire" la formula dell'area di un parallelogramma, allora sarร stato coinvolto in quello che Maier chiama ragionamento. "Affinchรฉ il termine ragionamento abbia un qualche valore, dovrebbe designare un processo non solo qualitativamente diverso dall'apprendimento, ma di ordine superiore" (Lewis & Smith, 1993).
Appare in questo passo dellโarticolo per la prima volta un esempio di attivitร intellettuale di โHigher orderโ (ordine superiore). Quando si fa uso di singole passate esperienze per produrre un nuovo schema di ragionamento, si fa uso, invece, di quello che Maier chiama โproductive thinkingโ (pensiero produttivo), mentre quando si usano le conoscenze giร sviluppate in passate esperienze si fa uso di quello che lui chiama โrepoductive thinkingโ (pensiero riproduttivo). Questo secondo Maier definisce una distinzione fra pensiero di alto livello e di basso livello). Un ulteriore sviluppo della teoria di Maier su questa distinzione la fornisce Newman(Newmann, 1990), definendo quello di alto livello come la capacitร di sviluppare nuove capacitร basate sulle precedenti che perรฒ vengono riadattate ad una situazione completamente nuova:
Originale โNewman (1990) distinguishes between lower and higher order thinking. His definitions were derived from observations in classrooms and interviews with teachers and department chairs in five high schools selected because of their departmental efforts to emphasize higher order thinking in social studies classes. From this experience he concludes that lower order thinking demands only routine or mechanical application of previously acquired information such as listing information previously memorized and inserting numbers into previously learned formulas. In contrast, higher order thinking, according to Newman, "challenges the student to interpret, analyze, or manipulate information" (p.44). Note the similarity between Newman's definition of lower order thinking and Maier's definition of reproductive thinking; note also the similarity between Newman's definition of higher order thinking and Maier's definition of productive thinking.โ(Lewis & Smith, 1993)
Traduzione "Newman (1990) distingue tra pensiero di ordine inferiore e superiore. Le sue definizioni sono state ricavate da osservazioni in classe e da interviste con insegnanti e presidenti di dipartimento in cinque scuole superiori selezionate per i loro sforzi dipartimentali di enfatizzare il pensiero di ordine superiore nelle classi di studi sociali. Da questa esperienza conclude che il pensiero di ordine inferiore richiede solo l'applicazione di routine o meccanica di informazioni precedentemente acquisite, come elencare informazioni precedentemente memorizzate e inserire numeri in formule precedentemente apprese. Al contrario, il pensiero di ordine superiore, secondo Newman, "sfida lo studente a interpretare, analizzare o manipolare le informazioni" (p. 44). Si noti la somiglianza tra la definizione di Newman di pensiero di ordine inferiore e quella di Maier di pensiero riproduttivo; si noti anche la somiglianza tra la definizione di Newman di pensiero di ordine superiore e quella di Maier di pensiero produttivo". (Lewis & Smith, 1993).
La parte di [P1] dunque che ha me interessa affrontare in questo articolo รจ solo lโHigh Order Thinking (HOT).
Cosโรจ dunque che accade nel momento in cui noi rielaboriamo esperienze passate per arrivare a confrontarci con la situazione attuale? Innanzitutto premetto che questa spiegazione non vuole essere scientificamente corretta in quanto non ha interesse nellโindagare il funzionamento scientifico, quanto quello trascendentale del processo. Premesso ciรฒ, sostengo che quando noi usiamo lโHOT, non facciamo altro che unโoperazione matematica. Certo, definirla azione matematica ne sminuirebbe la creativitร , come se fosse un processo meccanico. Invero non sostengo sicuramente che pensare sia lo stesso processo di fare due piรน due, tuttavia non รจ cosรฌ strano credere che non sia altro che unโaddizione di fattori da cui poi si ricava un prodotto. Possiamo, forse piรน correttamente, definire lโHOT piรน che come unโaddizione come unโestrazione. Nel pensare produco e dal quella produzione estraggo il prodotto (i.e.; [p]). Quando si pensa si esamina una base dati, un database di esperienze, che tuttavia non viene riutilizzato nello stesso modo in cui si presenta, altrimenti non sarebbe piรน โproductiveโ ma โreproductive thinkingโ. Difatti si tratta di accedere alla base dati delle nostre esperienze per poi modificare ciรฒ che analizziamo nel nostro database e successivamente addizioniamo i vari dati a nostro piacimento per far sรฌ che si crei la manifestazione astratta del nostro volere e questa manifestazione dunque non รจ che un prodotto di esperienze rielaborate per creare qualcosa di nuovo. Questo qualcosa cosโรจ, perรฒ? Altro non รจ che il contenuto [p] cui sopra si faceva riferimento.
Si prenda, dunque, per comprendere meglio, la condizione [p] = unicorno. Cosโรจ [p]? Eโ una somma di altri [p] contenuti nel nostro database esperienziale: [p1] = cavallo + [p2] = corno > [p3] unicorno. Certo questo รจ un contenuto estremamente basilare e la cui natura รจ semplicemente sommativa. Si prende allora la metafora come contenuto [p]: [p] = mโillumino dโimmenso, la poesia di Giuseppe Ungaretti. Da cosa deriva la creazione di questo pensiero poi messo a parole?
[p1] = โfelicitร > enormitร โ
[p2] = โenormitร > immensoโ
[p1] + [p2] > [p3] = โfelicitร > immensitร โ
[p4] = โfelicitร > benessereโ
[p5] = โprovare felicitร > provare benessereโ
[p6] = โprovare benessere > illuminarsiโ
[p5] + [p7] > [p3] > โilluminarsi dโimmensitร โ
[p8] = โio > soggettoโ
[p8] + [p7] > [p9] = โmโillumino dโimmensoโ[6]
Questo vuol dunque dire che la scrittura di una poesia come quella di Ungaretti altro non รจ che un fenomeno fatto di addizione e uguaglianza? Ovviamente no, il processo non รจ cosรฌ semplice, altrimenti tutti giungerebbero allo stesso risultato unicamente possibile. Ciรฒ che sopra รจ rappresentato con โ>โ non sta a significare una mera uguaglianza; lโoperazione [p1] = โfelicitร > enormitร โ significa [p1] = โfelicitร โ ยซda me interpretata comeยป โenormitร โ. Quel โ>โ altro non รจ che un modo grafico per rappresentare il complesso processo di interpretazione ed elaborazione personale di un contenuto [p]; dunque piรน che un โpiรนโ รจ un โfondo inโ: รจ una fusione soggettiva di due [p] separati.
Se dunque si รจ chiarito come funziona il processo di formazione ultima di un contenuto, non si รจ ancora specificato cosa questo contenuto sia. Se David intende il contenuto di [P] come representational content [RP], ovvero quella parte del contenuto che compie il processo che io ho invece attribuito a [P1], e come propositional content [PP], ovvero il prodotto di [RP], io intendo il contenuto [p] sรฌ come [PP], schierandomi con David, tuttavia intendo anche quella rappresentazione mentale, che in teoria farebbe parte di un processo di creazione del concetto, che nel momento in cui [p] รจ pensato โappareโ - per cosรฌ dire - nella mente di chi compie lโazione -. Per rendere piรน chiaro questo concetto รจ forse conveniente fare un esempio: il proverbiale esempio dellโelefante rosa puรฒ essere utile. Quando si vuol sostenere che dire โnon pensarciโ sia un consiglio inutile perchรฉ cosรฌ dicendo si incoraggia involontariamente a pensarci di piรน si dice: โSe ti dico non pensare allโelefante rosa tu pensi allโelefante rosaโ. Ecco, nel momento in cui si pensa lโelefante rosa, si pensa anche lโimmagine dellโelefante rosa, la rappresentazione mentale della realtร , il concetto. Ecco, quella rappresentazione fa parte di [p] e non di [P], nรฉ di [P1] nรฉ di [P2]. Successivamente, perรฒ, perchรฉ questโaffermazione non confuti lโesistenza stessa di [P2], รจ necessario precisare che [P1] รจ il processo di formazione autonoma di un concetto non verificabile empiricamente (e.g., unicorno) o che ancora non รจ stato verificato (e.g., un elefante che perรฒ non ho mai visto e di cui mi รจ stato solo detto) o di qualche cosa che รจ astratto (e.g. un emozione, come per esempio lโamore, un opinione, che richiede per forza unโanalisi e una somma di concetti, ecc.), mentre [P2] รจ appannaggio dellโesperienza: ho acquisito lโidea tramite esperienza (e.g., ho visto un elefante e dunque ho in me [p] = elefante). Dunque, per ricapitolare ciรฒ che รจ stato detto riguardo [P], si guardi lโesempio qui sotto:
[p1] = elefante
[P2] = il concetto si รจ formato tramite esperienza e dunque possiedo (senza creare nulla) [p1].
[p2] = colore rosa
[P2] = il concetto si รจ formato tramite esperienza e dunque possiedo (senza creare nulla) [p2].
[p1] + [p2] > [p3]
[p3] = elefante rosa
[P2] = si รจ formato [p3] fondendo due concetti ([p1] e [p2] soggettivamente).
Per cui ricapitoliamo le definizioni dei vari aspetti analizzati:
[P1] = รจ un processo di formazione di un concetto astratto e piรน o meno complesso in quanto non verificabile o ancora non verificato con lโesperienza concreta.
[P2] = lโavere un concetto piรน semplice verificato con lโesperienza (e.g. ho visto unโimmagine, lo ho visto, ecc.).
[p] = il contenuto di [P] (questโultimo senza distinzioni), dunque il concetto pensato e con esso la rappresentazione stessa del concetto nella nostra mente (la quale รจ la manifestazione fenomenica, seppur non tangibile, che stiamo pensando).
Tuttavia, per essere coscienti di star pensando, prima bisogna essere coscienti di sรฉ, dunque perchรฉ una macchina sia cosciente di star pensando (e quindi per fare arte) รจ necessario che sia cosciente di sรฉ. La domanda che dunque segue รจ: le macchine possono essere coscienti di sรฉ? (vd. supra: Le AI Possono Produrre Arte?)
Note
[1] Ciรฒ non รจ detto in modo esplicito, tuttavia si intuisce. [2] Se una fenomenologia di [P] non รจ data allora esso non potrebbe essere considerato fenomeno e dunque [2] non potrebbe sussistere; successivamente, perchรฉ [3] sussista deve essere dunque spiegata la fenomenologia di [P]. [3] โTo form an opinion or idea about somethingโ(Cambridge Dictionary, 2009) [4] โTo have an opinion or idea about somethingโ(Cambridge Dictionary, 2009) [5] Per far sรฌ che non si confonda la sotto-tesi di [T1] con quella di [T2], la tesi di [T2] non sarร [t1] ma [th1]. [6] Ovviamente non penso di aver espresso tutti i procedimenti o tutti in modo corretto, tuttavia questa, seppur semplicistica, potrebbe essere una rappresentazione dei passaggi fatti di contenuto in contenuto per arrivare poi al prodotto finale. Lโunico scopo di questa rappresentazione era quello di spiegare con un esempio pratico i concetti sopra elencati.
Bibliografia
Bayne, T., Montague, M., Michael Tye, & Briggs Wirght. (2011). Cognitive Phenomenology. OUP Oxford. https://books.google.it/books?id=_OCtlA28KfsC
Horgan, T., & Tienson, J. (2002). The Intentionality of Phenomenology and the Phenomenology of Intentionality. In D. J. Chalmers (Ed.), Philosophy of Mind: Classical and Contemporary Readings. Oup Usa.
Lewis, A., & Smith, D. (1993). Defining Higher Order Thinking. Theory Into Practice, 32(3), 131โ137. http://www.jstor.org/stable/1476693
Maier, N. R. F. (1933). An aspect of human reasoning. British Journal of Psychology, 24, 144โ155.
Newmann, F. M. (1990). Higher order thinking in teaching social studies: a rationale for the assessment of classroom thoughtfulness. Journal of Curriculum Studies, 22(1), 41โ56. https://doi.org/10.1080/0022027900220103
Pitt David. (2004). The Phenomenology of Cognition Or What Is It Like to Think That P? Philosophy and Phenomenological Research, 69(1), 1โ36. https://doi.org/https://doi.org/10.1111/j.1933-1592.2004.tb00382.x
Press, C. U. (2009). Cambridge Academic Content Dictionary Reference Book with CD-ROM. Cambridge University Press. https://books.google.it/books?id=pqlRO2jdI2gC