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  • Julio Quintin Jimenez

Lavoro ed Etica

Abstract


Questo articolo esplora l’interazione tra lavoro ed etica, mettendo in evidenza l’influenza del protestantesimo sull’etica del lavoro e la sua diffusione in Europa e in America. L’autore solleva interrogativi sulle possibili alternative storiche se il protestantesimo non si fosse diffuso e se la laicizzazione avesse preso una piega diversa. Vengono considerate prospettive come il realismo, il relativismo e l’utilitarismo, oltre alla voce interiore che guida le azioni individuali. Infine, si pone l’importante domanda sulla fonte di questa voce interiore e l’importanza di conoscere se stessi. L’articolo offre spunti di riflessione per una discussione aperta e amichevole sulle complesse relazioni tra etica, cultura e lavoro.


Una Breve Riflessione


Oggi è naturale considerare il lavoro una componente fondamentale della nostra vita, che sia un fonte di guadagno diretta o indiretta, poiché la nostra società è fondata proprio sul lavoro, quanto all'Italia, e sull’economia più in generale, quanto al mondo. Ma alcuni non sanno che questa “etica del lavoro” affonda le sue radici nel protestantesimo: questo sin da Lutero e Calvino ha sempre avuto al centro l’impegno sociale, che si manifesti come responsabilità individuale, etica del lavoro o istruzione, poiché il lavoro e l'impegno civico erano una forma di servizio a Dio, e d’altronde il lavoro effettivamente nobilita l’uomo, possiamo vederlo chiaramente con la riabilitazione dei carcerati. Al giorno d’oggi questo si manifesta molto chiaramente: in Europa con quella precisione caratteristica dei paesi dove il protestantesimo aveva riscosso più successo (e in particolare l’austerità degli inglesi) mentre in America come ideale dell’uomo bianco, libero e protestante.

Perciò la domanda sorge spontanea: cosa sarebbe successo se il protestantesimo non si fosse diffuso, se la stampa non fosse nata proprio in quel periodo (infatti senza di essa Lutero difficilmente avrebbe avuto successo), o se addirittura il cristianesimo non si fosse diffuso? È probabile che il processo di laicizzazione avrebbe preso piega prima, o forse no, ma la parte interessante su cui vorrei portare l’attenzione è: come sarebbe il mondo oggi? Cosa sarebbe giusto e cosa sbagliato?

Sotto questo punto di vista potrebbe essere interessante riprendere Machiavelli e Guicciardini, la cui linea di pensiero avrebbe sicuramente molto successo, in quanto dettata dal realismo e dal disincantato. E come sarebbe una società guidata dal relativismo e dall’utile? Qualcuno potrebbe obiettare che è già così. Ma è pur sempre vero che vi sono insite in ognuno di noi leggi non scritte che seguiamo assiduamente. Basti pensare alla nostra ossessione per il tempo. È vero, perdere tempo o provare a raggiungere qualcosa senza risultati è frustrante e uno spreco, ma chi ha detto che è necessario sfruttare il tempo personale e altrui in quel modo maniacale proprio della nostra società?

Forse otterrebbe un riscontro positivo, anche in modo indiretto, la “teoria” del δαιμον di Socrate, quella voce interiore che ci spinge ad agire secondo ciò che, per Socrate era divinamente giusto, per noi moralmente (e quindi personalmente) giusto, in quanto tutto ciò che facciamo lo facciamo poiché lo consideriamo un bene, che sia così oppure no, che lo sia solo per noi o per altri e così via, non è dirimente. E quindi l’ultimo quesito che vi pongo è: questa voce da cosa è determinata? Freud ci disse che l’inconscio ha potere quasi assoluto sul conscio e perciò la vera sfida, come scritto sull’oracolo di Delfi, è γνωθι σεαυτον, conosci te stesso.

Il mio obiettivo con questo articolo è dare spunti di riflessione, purtroppo dare risposta agli interrogativi che qui vi pongo è molto difficile ma spero possano darvi modo di avere una tranquilla e amichevole conversazione, con voi o con altri.

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