- Cristian Lucenti
L’Intelligenza Artificiale e Noi
Aggiornamento: 28 giu
Abstract
Credo che abbiamo visto tutti i film dove le macchine diventano esseri senzienti che decidono di ribellarsi ai loro stessi creatori. Però quella era fantascienza, fino a poco tempo fa, ma ormai le macchine sono davvero diventate così intelligenti che qualcuno dice che probabilmente le macchine ci sostituiranno nel lavoro e che potrebbero prendere davvero il controllo. Quindi questo vuol dire che il nostro destino è segnato? Che per noi esseri umani è il momento di lasciare posto ad un “essere’’ più “intelligente” di noi?
Introduzione
L’intelligenza artificiale è una delle invenzioni più importanti del XXI secolo, per farla breve l’intelligenza artificiale e l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento e l’organizzazione. In questo periodo si discute molto di Chat-Gpt, un tipo di chatbot che può conversare con noi e rispondere alle nostre domande più disparate. Ovviamente qualsiasi nuova tecnologia provoca sempre grande scalpore è questa più di tutte ha provocato una grande paura in una parte della popolazione mondiale; ma perché? Perché non si ha la consapevolezza dai quello che sia questa tecnologia, e forse anche l’influenza di film come Terminator o 2001 Odissea nello Spazio, può aver condizionato queste persone a pensare che un giorno l’intelligenza artificiale dominerà il mondo. Credo che questo sia dovuto alla perdita di fiducia nell’umanità e alle sue potenzialità, forse ormai per molte persone si è perso il ruolo dell’essere umano nel mondo. Ma allora cosa deve fare l’uomo per recuperare la fiducia in sé stesso? Pensare, ecco cosa deve fare l’uomo, pensare, perché è questo ciò che ha permesso all’essere umano di diventare la creatura che domina il mondo, questo è ciò che ci distingue da tutti gli altri esseri dotati di intelligenza. Il pensare, in questa epoca di relativismo e fake news e dove la verità è decaduta, può salvarci dall’essere dominati da una tecnologia così potente, che - sia chiaro - non va demonizzata, ma va controllata perché altrimenti senza il controllo si rischia di perdere quello che l’uomo di perdere quello che ci rende umani: il nostro libero arbitrio e la nostra creatività di ingegno, con il rischio dell’omologazione e di una dittatura delle macchine, una tecnocrazia
AI nella politica?
Ormai si ha voglia di lasciare alle macchine la decisione politica, la democrazia che è stato un diritto conquistato da non troppo tempo sembra già vecchia e passata, c’è ormai una disaffezione da parte delle persone verso la democrazia. Forse sarà dovuto al fatto che ormai da molti anni la politica non è più dove si discutono idee, ma dove si urlano slogan e si fa demagogia da tutte le parti, dove chi vota è considerato un “follower” e non un elettore. Infatti, ormai l’agora politica non si fa in una piazza dove si possa discutere ma sui social dominati da algoritmi che hanno come scopo quello di farti rimanere più tempo possibile online. Ma la tecnocrazia è davvero una soluzione valida? Può la macchina sostituire l’uomo nella politica? Si... e no. C’è un problema che non può essere ignorato, ossia che qualsiasi sistema informatico, non è essente dal commettere errori, anche se è molto sviluppato. Questo implica che al primo errore, senza la supervisione umana, tutto il sistema crolla, causando danni importanti. AI in politica è sicuramente importante, per i suoi innumerevoli vantaggi, come l’abbattimento della burocrazia e maggiore efficienza delle istituzioni pubbliche, lotta all’evasione fiscale e altre cose. Però l’uomo non può e non deve dimenticare che lui deve avere il controllo su queste macchine e non il contrario. Anche perché sarebbe una violazione della democrazia e della libertà di voto.
L’umanesimo digitale
«O Adamo, non ti abbiamo dato una sede determinata, né una figura tua propria, né alcun dono peculiare, affinché quella sede, quella figura, quei doni che tu stesso sceglierai, tu li possegga come tuoi propri, secondo il tuo desiderio e la tua volontà. Tu, che non sei racchiuso entro alcun limite, stabilirai la tua natura in base al tuo arbitrio, nelle cui mani ti ho consegnato». (Mirandola & Bausi, 2003)
Questo discorso sublime, di stampo umanista, ci fa capire che quello che serve al nostro tempo, non sono né inutili disperazioni né insensati elogi sull’AI, quello che serve è un nuovo umanesimo, tecnologico e moderno, dove l’uomo ritorni al centro del mondo e plasmi il suo destino, e non che il destino plasmi lui. Servono “Homines cogitati”, perché AI, può immagazzinare tanti dati, ma non può decifrare quei dati, per questo serve che ci sia qualcuno che sappia interpretare quei dati, serve una “filologia digitale”, serve la creatività umana che è libera ed infinita, e che la macchina non ha e non potrà mai avere in quanto priva di libero arbitrio. La nostra creatività e quella che ci ha resi grandi, pensate davvero che tutto ciò che l’uomo ha fatto sarebbe stato possibile senza la sua creatività e il suo ingegno? Se è così allora siete degli ingenui e degli sciocchi. Perché la creatività spinge l’uomo a dare sempre il meglio di sé, a superarsi sempre ed a progredire verso il futuro.
Lavoro e AI
Ora bisogna passare alla parte più importante e anche più sensibile di questo tema, ossia il futuro del lavoro. Come si sa, le tecnologie hanno sempre velocizzato il lavoro dell’uomo, si pensi ai trattori o alle prime macchine industriali del 800. Ma questa automatizzazione comporta anche una perdita di posti di lavori, che però viene compensata dalla creazione di nuovi posti di lavori, fino a qua molto semplice come cosa. Ebbene ora che viviamo nella quarta rivoluzione industriale, che è iniziata con internet, l’intelligenza artificiale inizierà (ma ha già iniziato da molto) ad essere utilizzata per sostituire l’uomo in molti lavori, che da un lato è ottimo per le aziende per abbattere i costi e aumentare la produttività, ma dall’altro toglierà molti posti di lavoro. Secondo una stima del rapporto fatto da Goldman Sanchs (Jan Hatzius et al., 2023), il 18% del lavoro a livello globale potrebbe essere svolto dall’intelligenza artificiale, questo vuol dire che 300 milioni di persone perderanno il loro lavoro. Come già detto, L’AI compenserà le perdite di posti di lavoro e poi, come sta scritto nel rapporto, aumenterà la produttività del lavoro e il PIL globale del 7%. Ovviamente però, non avverrà subito, perché serviranno delle competenze nuove per accedere a questi lavori, ed è per questo che molte persone propongono di introdurre una tassa sui robot, al fine di alleviare la disoccupazione che si verrà a creare. Oppure un’altra idea di molte persone è quella di creare un reddito universale, sempre tassando i robot, affinché l’umanità smetta completamente di lavorare, così che si possa dedicare ad altre attività. Io penso che questo tipo di progetto, pur essendo affascinante, non sia possibile per diversi motivi. Il primo motivo è che lo stato probabilmente non riuscirebbe a trovare i fondi sufficienti per garantire a tutti un reddito universale di base, e anche se ci riuscisse, l’aumento della ricchezza aumenterebbe l’inflazione, vanificando il reddito. Ovviamente l’automatizzazione del lavoro non riguarda tutti allo stesso modo, perché ci sono lavori che sono meno soggetti all’automatizzazione, come i lavori creativi o manuali che risentono poco dell’innovazione tecnologica in quanto sono lavori basati su quell’aspetto che come si è detto sopra appartiene solo all’essere umano, ossia la creatività e il pensiero. Quindi qua c’è la rivincita della filosofia, contro quello che dice che non serve a niente, quando invece è grazie alla filosofia che si può creare una forma mentis critica e cosciente. Bisogna dire anche che, in certi lavori non la creatività, ma anche il corpo umano è importante, come ad esempio il prof con i propri alunni oppure in una casa di riposo dove chi si prende cura dell’anziano è una persona e non un robot. Serve quella vicinanza fisica che trasmetta amore e passione, soprattutto per quanto riguarda un professore che deve saper coinvolgere la propria classe, perché come diceva Platone
“La mente non si apre se prima non si è aperto il cuore”.[1]
Ultime riflessioni sull’intelligenza artificiale
Per concludere, vorrei avviare una riflessione per quello che concerne la nostra libertà e privacy con l’intelligenza artificiale. Questo è un tema molto delicato, perché si sa che questa tecnologia potrebbe, se nelle mani sbagliate, diventare uno strumento di controllo in stile grande fratello con telecamere di riconoscimento facciale che ti sorvegliano h24, come accede già in Cina o in altre dittature. Oppure si pensi ad alcuni BIAS umani che sono stati riscontrati nell’intelligenza artificiale, durante colloqui di lavoro o concorsi pubblici, dove si vedeva che l’intelligenza artificiale aveva delle “idee” sessiste o xenofobe che l’ha portata a discriminazioni. Si pensi ai sistemi di intelligenza artificiale che molti di noi hanno a casa come Alexa, che registrano tutte le nostre conversazioni private anche quando sono spente. Tutto questo deve far riflettere sull’importanza dei nostri dati sensibili e della privacy, in un mondo dove molte persone, spinte da un narcisismo estremo, postano tutto della loro vita personale, senza lasciarsi un minimo di intimità. In Europa qualcosa si è mosso grazie al nuovo regolamento sui dati, che però ancora non è abbastanza. Quello che serve è accendere le coscienze delle persone per farle riflettere sull’importanza della privacy e di come nella vita non c’è bisogno di postare tutto sui social o fare foto per qualsiasi cosa, quello che ci vuole è godersi la vita in ogni suo singolo momento, e che alcune volte è meglio spegnere il telefono.
Note
[1] Aforisma di Platone
Bibliografia
Jan Hatzius, Joseph Briggs, Devesh Kodnani, & Giovanni Pierdomenico. (2023). Global Economics Analyst The Potentially Large Effects of Artificial Intelligence on Economic Growth. https://www.key4biz.it/wp-content/uploads/2023/03/Global-Economics-Analyst_-The-Potentially-Large-Effects-of-Artificial-Intelligence-on-Economic-Growth-Briggs_Kodnani.pdf
Mirandola, G. P., & Bausi, F. (2003). Discorso sulla dignità dell’uomo. Fondazione Pietro Bembo. https://books.google.it/books?id=x3kFAQAAIAAJ