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  • Giuliana Maria D'Amico

Il Countdown Sta per Cominciare

Abstract


Vi è mai capitato di passare un giorno intero con il telefono senza accorgervi del passare del tempo? Vi è mai capitato di vivere una reazione a catena analoga a quella della fissione nucleare delle bombe atomiche? Vi è mai capitato di dover mettere insieme i pezzi ma di non sapere da dove iniziare? Tappatevi le orecchie, indossate gli “occhialetti” e assistete all’esplosione.

Il countdown sta per cominciare.


Un Flusso di Coscienza


Giugno è sempre stato il mio mese preferito: finisce la scuola, ho moltissimo tempo libero da trascorrere con i miei amici o coltivando le mie passioni e dopo un intenso anno scolastico riesco anche a concedermi un po' di meritato riposo. Oggi, 10 giugno mi sono finalmente svegliato alle 12, orario nel quale l'unico apparente problema esistenziale è scegliere se fare colazione o pranzare direttamente, e la mia tanto attesa vacanza mi trasmette un nonsoché di libertà piuttosto appagante. Chiudo gli occhi e fantasticando vedo tramonti al mare, feste in piscina, baci rubati, giochi improvvisati e infinite risate con i miei amici. Tutto sembra meravigliosamente perfetto quando si ha a disposizione tanto tempo libero.

11 giugno, mi sveglio alle 12, prendo la mia solita tazza di latte con cereali e miele e sonnecchiando raggiungo il divano. Mi siedo, prendo in mano il telefono e apro Instagram. Scrollo nella mia pagina "home" e trovo foto di amici al mare, influencer che sponsorizzano la qualunque e personaggi famosi che visitano qualche città a me sconosciuta. Annoiato passo alla pagina "esplora" e mi perdo in video di persone che, sporgendosi da un ponte, lanciano in acqua un enorme masso. Passo poi ai video motivazionali che mi spiegano come diventare miliardario in un anno, per successivamente incappare in video di persone che fanno cadere dalle scale diversi tipi di barattoli, provando a prevedere quello che si romperà prima o quello che arriverà indenne alla fine della scalinata.

Senza neanche accorgermi del passare del tempo sono già le 16:30, mi sono dimenticato di pranzare e mi sento talmente tanto stanco che la sola idea di dover cucinare mi fa venir voglia di tornare a letto; probabilmente aspetterò i miei e cenerò con loro.

20 giugno, mi sveglio alle 13, rinuncio alla mia solita colazione e pranzo con una semplice pasta in bianco (sono troppo stanco per cucinare). Trascinando i piedi a terra mi siedo sul divano, accendo "Netflix" sul computer, guardo qualche episodio della mia serie preferita ed è già ora di cena.

Sconsolato e frustrato per aver passato i primi dieci giorni di vacanza senza aver fatto nulla di produttivo mi distendo sul letto, prendo il telefono, apro Instagram e smetto di guardare video solo quando il mio istinto di chiudere gli occhi sovrasta quello di continuare a fissare la luce blu.


La mattina dopo sono più stanco delle precedenti undici e la mia volontà di uscire, incontrare nuove persone o provare nuove esperienze è rasente allo zero. Mi sento affranto, senza forze e totalmente incapace di prendere in mano la mia vita e dare un senso alle mie vacanze. L' enorme quantità di tempo da gestire è come un masso sulla mia schiena che pian piano mi sovrasta. Il mio profondo senso di fallimento nei confronti dei miei buoni propositi è talmente tanto penetrante che ormai sembra essere stato inglobato nella mia essenza.

Sensazioni disturbanti, pensieri offuscanti, giornate insignificanti...un unico anestetizzante: il telefono.

Contenuti su contenuti su contenuti. Il solo mezzo attraverso il quale non ci si annoia mai. L'unica droga legale che è possibile assumere a piccole dosi nei momenti in cui il nostro cervello urge, attraverso nuovi stimoli, della necessità di sotterrare quanto più in fondo possibile la sensazione di perdere tempo. Un eccelso illusore di persone, iperbolizzatore di ogni sensazione, direttore di un'architettata orchestra che, all'unisono, suona la trascinante armonia della perdizione. Un'arma a doppio taglio: estremamente coinvolgente ma letale.

L'ironia che caratterizza questa situazione è che, nonostante io sia perfettamente consapevole di tutto questo, continuo a buttarmi a capofitto nella mia dipendenza, senza provare ad oppormi... in fondo assecondare un bisogno è molto più facile che contrastarlo.

Col passare dei giorni avverto i primi sintomi. Aumentano i miei "non posso" quando i miei amici mi chiedono di uscire, le mie occhiaie prendono il sopravvento, il mio senso di fame diminuisce e la mia capacità di prendere sonno diventa una sconfitta a tavolino (ogni mio disperato sforzo è vano: dormire è diventato ormai un sogno ad occhi aperti).

Tutto sembra perduto quando ormai non si hanno più punti di riferimento e crescente è la necessità di trovare una via di fuga dentro di sé.

Contemplando il soffitto della mia camera vedo momenti delle mie precedenti estati. Tra ricordi di lacrime, risate e infinite chiacchierate riaffiorano nella mia mente, non so per quale strano motivo, immagini identiche a quella che sto vivendo in questo momento.

Vedo me stesso, con qualche anno in meno, disteso sul letto mentre contemplo il soffitto. In mano ho un biglietto con su scritto: “quest'estate auguro a tutti voi di annoiarvi da morire.”

Immediatamente riprendo lucidità e vedo in quell'innocuo bigliettino la sintetizzazione di ogni mio malessere (sicuramente condiviso con non pochi altri ragazzi). La mia maestra delle elementari, attraverso quel biglietto consegnato l'ultimo giorno di scuola, aveva augurato a tutti i suoi alunni delle vacanze noiose.

Istantaneamente i miei battiti aumentano, il mio corpo si irrigidisce e inizio a tossire incontrollatamente. Il respiro si fa più affannoso e la mia capacità di controllare i forti conati di vomito viene messa sempre più a dura prova. Sudato mi costringo a calmarmi, sedermi e piantare i piedi a terra. Con la testa tra le mani riconosco finalmente le lacune della mia esistenza, le mancanze che quello stupido telefono riesce a colmare. Riesco finalmente a dare una spiegazione a tutti i miei momenti vuoti.

Io non sono più capace di sostenere la noia.

La mia maestra aveva ragione quando diceva di dedicare del tempo alla nullafacenza...solo che col passare degli anni e con la crescente diffusione dei telefoni cellulari ogni attimo in cui non si ha nulla da fare diventa un pretesto per riempire passivamente la propria mente di informazioni inutili.

Durante l'anno scolastico i vari impegni giornalieri (scuola, sport, compiti ecc.…) scandiscono in ogni essere umano una specie di ritmo quotidiano che permette di gestire in modo funzionale e sereno le 24 ore a disposizione. Dico sereno perché organizzare una giornata significa essere sempre consapevoli di quello che bisogna fare e costringe ad una sorta di responsabilità nel portare a termine i propri doveri.

Al contrario quando si vive un periodo di vacanza incombe l'ansia di perdere tempo, la paura di non essere in grado di soddisfare i propri desideri e il costante bisogno di trovare una risposta a questi problemi. Ovviamente il telefono è la soluzione più efficace in quanto illude ogni persona di colmare i propri vuoti ma in realtà non fa altro che temporaneamente calmare i propri mostri interiori, alimentandoli sempre di più.

Questo è il motivo per cui il telefono diventa una droga a tutti gli effetti: fa dimenticare i problemi stordendo le proprie vittime.

Credo che per fare chiarezza nella mia mente sia necessario fornire a questo fenomeno, piuttosto generalizzato, un'immagine: reazione a catena.

Avete presente i processi di fissione nucleare nella bomba atomica? Ecco, quello è il meccanismo innescato dai telefoni cellulari in me e credo in ogni essere umano.

Quando vivo un momento di noia, al posto di sforzare la mia mente nel trovare una soluzione, accendo il telefono e quasi sempre mi perdo nei contenuti dei social. Mi accorgo dello scorrere del tempo solo quando uno stimolo esterno attrae la mia attenzione (ad esempio fame, sonno, arrivo di una persona inaspettata ecc.…). Quando realizzo di aver trascorso un lungo periodo di tempo "senza fare niente" la frustrazione ha la meglio e incombe dentro di me un profondo senso di rabbia e fallimento, che mi rende facilmente suscettibile.

Questo processo innesca poi un meccanismo complesso attraverso il quale mi trovo di fronte ad un bivio: provo ad esprimere le mie emozioni (sperando di essere salvato da qualcuno che si accorge del mio degenerare e prova a salvarmi dalla mia dipendenza) oppure continuo a reprimere le mie sensazioni fastidiose (come avevo fatto precedentemente con la noia), per poi rituffarmi nella mia dipendenza da cellulare.

Quasi sempre, purtroppo, intraprendo la seconda strada, sedotto dall'illusoria sensazione di non vivere in una situazione "eccessivamente grave".

Ecco, a questo punto perdo completamente il controllo di me stesso, intraprendo una strada di non ritorno e inizia un countdown che, una volta innescato, è quasi impossibile da fermare.

E al termine del countdown? La risposta è piuttosto ovvia. Come nel film "Oppenheimer" non mi resta che aspettare l'ultimo secondo, tapparmi le orecchie, indossare gli appositi "occhialetti" e osservare la mia vita esplodere per non tornare mai più come prima.

Impotente, sconfitto, svuotato dentro. Ogni "perché" è ormai vano, ogni tentativo di risoluzione è ridicolo, ogni piccola particella della mia anima, dispersa nell'atmosfera, è destinata e perdersi chissà dove.

A quel punto tutto ciò che c'era di bello in me prende le sembianze di un granello di sabbia, impossibile da ricongiungere con tutti gli altri. Affondo le mani in quella che era la mia vita e questa scivola lenta dai miei palmi, sfiora le mie dita e si abbandona delicatamente per poi tornare a terra. Alzo lo sguardo e attorno a me non c'è nulla: solo un'enorme distesa di sabbia in un deserto di niente.

Sta a me adesso fare i conti con la mia più profonda essenza, sta a me adesso trovare la forza di ricostruire un'esistenza ormai distrutta, adesso tocca a me fare un passo verso la mia vita.

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